Duned

La nostra innovazione “interconnessa” ha un nuovo logo

Quest’anno Duneditorial si è aperta con una novità, diventando la newsletter di tutto il Gruppo Dune. Il format è diventato più snello e dinamico, dando spazio all’innovazione che tutte le società del gruppo portano alle imprese e, soprattutto, alle interviste e alla voce dei suoi protagonisti, a partire dai dipendenti. I nostri spunti di riflessione su tecnologie e scenari per il mondo IT sono rimasti quelli di maggior interesse per le data-driven company, ma hanno allargato lo sguardo a temi adiacenti, come la transizione energetica e la cura talenti. Da oggi abbiamo un’ulteriore novità: una veste grafica per la nostra newsletter che riporta il nuovo logo appena lanciato per evidenziare la riorganizzazione del Gruppo che rende le diverse Business Unit sempre più interconnesse tra loro. Il nuovo logo è caratterizzato da colori più decisi e una sfumatura centrale che ricorda l’alba e il tramonto, simboli di continuo rinnovamento. All’insegna del motto del nostro Off Site, “todo cambia”, abbiamo abbandonato le gradazioni color sabbia del deserto herbertiano per passare a un font dai contorni definiti e con colori vibranti.

 

Allo stesso modo ci piacerebbe rendere vibrante il dibattito sui temi centrali dell’IT. Il 2023 è senza dubbio l’anno dell’Intelligenza artificiale: ha tenuto banco l’AI conversazionale e generativa esemplificata dal prodotto ChatGPT sviluppato dalla società californiana OpenAI (finanziata e alleata di). ChatGPT è entrato nel dibattito sulla privacy e la sicurezza dei dati, nonché su quello, ancora più delicato, della trasparenza degli algoritmi e della loro “interpretabilità” – un tema su cui Dune è da sempre impegnata, proponendo i suoi data product sulla base di elaborazioni comprensibili dei dati, in cui l’individuo mantiene il controllo della loro provenienza e del meccanismo che ha portato all’output finale. Anche DUNE sta lavorando ad una CHATBOT in grado di sfruttare la potenza di CHAT GPT e dei Motori LLM per fornire un servizio Human – Like e altamente personalizzato.

 

Ma siamo andati oltre nelle nostre riflessioni, parlando di due temi essenziali per la capacità delle imprese di attrarre e trattenere talenti: lo smart working e il work-life balance. Applichiamo internamente queste prassi e cerchiamo di portare la nostra esperienza anche ai clienti: senza flessibilità e opportunità di crescita e benessere, le risorse IT sono difficili da fidelizzare. Il mercato del lavoro è competitivo e le competenze tecnologiche sono molto richieste: per questo abbiamo anche scritto una newsletter “provocatoria” parlando di lavoro che c’è, ovvero delle tante professionalità hitech di cui le imprese hanno fame. Abbiamo acceso i riflettori anche sul fenomeno del nomadismo digitale: la scelta di molti professionisti di lavorare da remoto, cambiando sede a propria discrezione oppure tornando nella propria città di origine, anche se lontana dagli uffici fisici dell’azienda per cui si lavora.

 

Sulla sostenibilità abbiamo realizzato un focus sull’energia: in un contesto di tensioni geopolitiche e aumento dei prezzi delle materie prime, il dato, ancora una volta, è re perché abilita controllo, prevedibilità e utilizzo efficiente delle risorse tramite l’energy management e l’AI.

 

Trasformazione digitale: questione di leadership

Trattenere i talenti IT dipende anche dai dirigenti. Ma come essere un leader digitale capace di produrre, tramite la tecnologia, risultati di business? Due analisi di Gartner hanno individuato le qualità essenziali per rendere l’IT strategico.

 

Innanzitutto, il leader della trasformazione digitale deve sapere pensare da pioniere e guardare oltre i confini aziendali. Gartner ha coniato il termine “digital dragons” per indicare i manager che sanno cercare valore oltre la propria specifica industria per inventare nuovi settori e ridefinire il valore. Le strategie digitali nascono da una mentalità da “market disruption”.

 

Inoltre, il digitale non è il fine ma il mezzo per creare valore. Gli strumenti digitali vanno implementati seguendo la logica che c’è dietro la value proposition del prodotto o del servizio offerto al mercato, ovvero si scelgono le tecnologie in base alla loro funzionalità agli obiettivi di business, come la customer-centricty, l’ampliamento della quota di mercato e la crescita dei ricavi. Il digitale è lo strumento che permette di creare servizi on-demand, super-personalizzazione, pricing dinamico e applicazioni real-time, evidenzia Gartner.

 

Infine, non bisogna perdere la focalizzazione sulle opportunità create dalla tecnologia: il leader digitale deve essere un po’ “nerd” e molto appassionato di hitech per restare innovativo.

Il successo del team digitale e delle strategie dipende anche da elementi di leadership più soft e, in particolare, da quella che viene definita una guida “human” che supporta le persone. Gartner la definisce autentica, empatica e adattabile.

 

L’era dell’intelligenza artificiale: qual è il futuro dell’essere umano?

Come nella tradizione delle nostre newsletter estive, vogliamo segnalarvi qualche lettura per le vacanze. In linea con il dibattito sull’intelligenza artificiale, abbiamo trovato di particolare interesse il libro “The age of AI. And our human future” di Henry A. Kissinger, Eric Schmidt e Daniel Huttenlocher, uscito quest’anno in Italia per Mondadori col titolo “L’era dell’intelligenza artificiale. Il futuro dell’identità umana”.

La rivoluzione dell’AI viene paragonata a quella della stampa nell’Europa del XV secolo: ci darà accesso a nuove informazioni, portando a spettacolari progressi scientifici ed economici, e contribuendo a trasformare il mondo. Ma sarà difficile determinare il suo impatto sulle forme del pensiero.

 

Secondo l’ex segretario di Stato americano Henry Kissinger, l’ex amministratore delegato di Google Eric Schmidt e l’informatico e decano del MIT Daniel Huttenlocher, l’AI può modificare la conoscenza, la percezione, la realtà e, di conseguenza, il corso della storia e potrebbe farlo con esiti dannosi o, comunque, imprevedibili per l’umanità perché non è governata da concetti morali che la contengano e le diano dei limiti.

 

“L’intelligenza artificiale non è umana. Non spera, non prega, non ha sensazioni. Né ha consapevolezza o capacità riflessive. È una creazione umana, che rispecchia processi umani su macchine create da esseri umani”, si legge nel volume. In alcuni casi “su scala e con rapidità eccezionali, produce risultati che si avvicinano a quelli che, finora, sono stati raggiunti soltanto attraverso la ragione umana. Gli individui e le società che accolgono come partner l’intelligenza artificiale al fine di ampliare le proprie abilità o perseguire determinate idee, possono essere capaci di compiere imprese — scientifiche, mediche, militari, politiche e sociali — destinate a eclissare quelle delle epoche precedenti. Tuttavia, quando le macchine che si avvicinano all’intelligenza umana sono considerate un elemento chiave per ottenere risultati migliori e con maggiore rapidità, la sola ragione può finire per sembrare arcaica. Dopo aver definito un’epoca, l’esercizio della ragione umana individuale potrebbe veder mutato il proprio significato”.

 

In questo loro saggio, Kissinger, Schmidt e Huttenlocher non solo spiegano che cos’è l’intelligenza artificiale, ma cercano di dipingere i possibili scenari futuri che potrà disegnare in quanto capace di determinare gli assetti geopolitici. Aiutando l’umanità a navigare attraverso la totalità dell’informazione digitale, l’IA aprirà scenari di conoscenza e comprensione senza precedenti”, scrivono gli autori. “Oppure la sua scoperta di modelli nelle masse di dati potrebbe produrre una serie di assiomi accettati come ortodossi da piattaforme di rete di raggio continentale e globale. Questo, a sua volta, potrebbe diminuire la capacità umana di indagare con lo scetticismo che ha caratterizzato la nostra epoca”.

 

L’intelligenza artificiale sarà invisibile, integrata nella vita quotidiana, e plasmerà le nostre esperienze. Ma dovremo stabilire fino a che punto accettarne l’influenza: in alcuni casi potrebbe essere più opportuno limitare l’intelligenza artificiale – come nel contesto militare, scrivono gli autori -, altre volte collaborare con essa – come nella guida automatica -, altre volte ancora affidarsi ad essa completamente – come nella lettura delle immagini diagnostiche che potenzialmente salvano la vita ai pazienti. “Per ciascuna applicazione, gli esseri umani dovranno tracciare un percorso: in alcuni casi tale percorso si evolverà”, osservano Kissinger, Schmidt e Huttenlocher, “dato che evolvono anche le capacità dell’intelligenza artificiale e i protocolli umani per verificare i risultati dell’IA”.

 

 

Spunti di riflessione…

  • Le cinque caratteristiche di un leader della digital transformation secondo Gartner sono qui. Di leadership “human”, invece, si parla qui.
  • A proposito di leadership, un paio di libri di Mary Parker Follett, considerata la madre del management moderno: L’esperienza creativa”, Ediesse, e “Prophet of management”, raccolta di testi a cura di Pauline Graham (in inglese). “La leadership non è definita dall’esercizio del potere, ma dalla capacità di aumentare il senso di potere tra coloro che sono guidati. Il lavoro più essenziale del leader è creare più leader”, ha scritto la Parker Follett.
  • Capitalismo immateriale. Le tecnologie digitali e il nuovo conflitto sociale”, di Stefano Quintarelli, Bollati Boringhieri, 2019. L’economia immateriale è l’economia in cui produrre, riprodurre, archiviare e spedire informazioni “non costa nulla”, ma che instaura intermediazioni che hanno regole differenti e portano con sé cambiamenti epocali nella nostra vita quotidiana, che la politica (e dunque i cittadini) devono imparare a gestire e governare.

 

Podcast interessanti…

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